27 Lug Sulla Fiducia

Da piccolo mia mamma mi diceva: “non ti fidare nemmeno della camicia che indossi”.
Eppure qualche migliaio di persone si sono rivolte a noi negli anni portandocela in dono.
La fiducia intendo.
Le persone che vedo in prima visita, circa un centinaio all’anno, arrivano e, tac, quasi sempre me la regalano al primo incontro.
Questo mi onora ma mi fa riflettere.
Sono innumerevoli le attività umane che si basano su rapporti interpersonali di fiducia; noi viviamo della fiducia.
Molti dei nostri comportamenti non sarebbero possibili se non fossimo convinti di poterci fidare gli uni degli altri. Anzi, tutti i giorni attorno a noi vi sono testimonianze di quanto la fiducia sia una componente fondamentale di tutti gli ambiti della vita e non solo dei rapporti sociali: nella sfera individuale (si parla di fiducia in sé stessi), nella vita sociale, riscontriamo la fiducia non solo come esigenza delle relazioni interpersonali più semplici (del bambino per i genitori, tra paziente e medico) ma anche nei rapporti più complessi di carattere giuridico, economico e religioso. Ma la fiducia è, ancora prima, una caratteristica dell’esistenza umana.
E mentre le società arcaiche erano fondamentalmente costruite su rapporti di fiducia basati sulla conoscenza vis a vis tra le persone, oggigiorno nei paesi più avanzati riscontriamo dei cambiamenti radicali.
Le trasformazioni tecnologiche degli ultimi anni, che rendono possibile le relazioni a distanza e che la pandemia ha accelerato, sembrano accentuare ulteriormente il cambiamento già avviato da tempo.
D’altra parte, persino quando comunichiamo tramite e-mail e sui social o quando acquistiamo online dobbiamo fidarci: sembra insomma che, anche nei cambiamenti recenti, la fiducia resti una condizione insostituibile per il buon funzionamento della società.
Quest’ultima rischierebbe il collasso in assenza di fiducia tra gli uomini visto che sono pochissimi i rapporti che si fondano realmente su ciò che uno sa in modo verificabile dell’altro.
La fiducia anticipata addirittura si conferisce senza essere certi che la persona che abbiamo di fronte sia affidabile, ma confidando nel fatto che proprio il dare fiducia creerà un comportamento che si accorda ad essa e renderà quest’ultimo affidabile agli occhi degli altri.
Fidarsi, quindi, genera fiducia.
D’altra parte, il «credito» che si dà a colui che non sappiamo se sarà capace di corrispondere alle nostre aspettative, è motivante, perché l’apprezzamento e la stima che sono contenuti in ogni dimostrazione di fiducia generano nei destinatari, il desiderio di corrispondere al riconoscimento del proprio valore.
La fiducia è la forma primaria nella quale ci riconosciamo reciprocamente come persone.
I miei pazienti sono di solito inviati da altri pazienti o da colleghi. Quindi è un doppio atto di fiducia che non posso e non voglio tradire. Curiamo tutti come se curassimo i nostri familiari. Cerchiamo di creare un rapporto che duri nel tempo dove tutti possano sentirsi presi in carico da ogni punto di vista e accuditi.
È l’atto iniziale e nello stesso tempo finale dell’etica che ci contraddistingue.
Il cerchio che si chiude.
Evidentemente mia mamma si sbagliava.
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